The Bluebird of Happiness long absent from his life, Ned is visited by the Chicken of Depression.
Gary Larson
Chi ha letto un po’ “il Poltronauta” (il blog più pigro del mondo) sa che ho sempre avuto la passione per i fumetti, il mio amore per quest’arte traspare in alcuni degli oltre 140 post finora pubblicati. Tutto è iniziato con i classici supereroi come Batman e Superman, per continuare poi con quelli della Marvel (su tutti “Devil”), scoperti attraverso gli albi della Corno Editori che imparavo a memoria ancora prima di saper leggere. Quando i supereroi sono scomparsi dalle edicole ho iniziato a leggere “Linus”, una rivista che, a differenza delle versione attuale, pubblicava quasi esclusivamente delle “strip comics”, cioè le strisce con delle microstorie buffe (passatemi il temine) il cui esempio più famoso è “Peanuts” (non a caso la rivista prende il nome da uno dei suoi personaggi più iconografici).
Ho riscoperto questo mensile a fine 2019, quando nell’edicola di via Garibaldi (sita in sestiere Castello, Venezia) ho intravisto Alan Moore (il mio autore preferito) sulla sua copertina. Dopo oltre tre anni oramai ho un appuntamento fisso il primo sabato del mese con il giovane edicolante, un ragazzo con una parlantina sciolta, che indossa spesso tute in acetato che farebbero invidia al Colin Farrel de “The Gentlemen” di Guy Ritchie, si acconcia i capelli con una sorta di sequenza di Fibonacci ma che soprattutto è il classico edicolante di una volta, uno di quelli che scambia una parola con chiunque si fermi a salutarlo, non importa quale sia l’argomento, una sorta di tuttologo innocuo.
Ultimamente il tipo mi vede anche due volte al mese, quando, oltre che per “Linus”, mi fermo per acquistare la copia bisettimanale di “Mondo Graphic Novel”, una collana (dal titolo forse ispirato ai “Mondo Movie” tanto in voga negli anni ’60?), che raccoglie una serie di romanzi a fumetti di diverse provenienze uscite in libreria negli ultimi anni. Con la febbre da collezionista che mi colpisce quando incappo in pubblicazioni seriali da edicola mi sono costretto a non saltare nemmeno un numero, per questo in alcuni casi sono dovuto scendere a compromessi con i Manga, genere che non mi ha mai appassionato, ma che ho scoperto sopportare a piccole dosi.
Questa della collana dei romanzi a fumetti è una novità delle ultime settimane che non mi ha distratto dalla lettura di “Linus”. Scambiando i soliti convenevoli con il simpatico e gioviale edicolante, che ovviamente ha una sua opinione anche su questa materia, siamo arrivati alla conclusione che sarebbe riduttivo descrivere “Linus” come un mensile di fumetti. Certo, i fumetti ci sono e occupano gran parte delle 96 pagine (tra l’altro, la sua carta ha un profumo irresistibile) ma oltre alle classiche strisce spesso si possono leggere intere “graphic novel” (ovviamente a puntate, dunque bisogna essere pazienti), recensioni di dischi, di film, serie TV e di libri.
La particolarità di questa nuova vita di “Linus” è la scelta fatta dal direttore (il maestro Igort) di rendere ogni uscita una numero monografico, dedicando ad una singola persona della cultura mondiale (da musicisti a scrittori, passando per registi, filosofi fino a Maradona) almeno un quinto delle pagine attraverso interviste e saggi (anche a fumetti). Insomma, acquistando “Linus” non dovete più sentirvi in colpa se continuate a sorridere leggendo l’ennesima striscia di “Peanuts” oppure le avventure di “Calvin and Hobbes”, potete anche erudirvi su figure importanti degli ultimi anni, consentendovi di stupire i vostri interlocutori per una buona mezzora (sempre meglio con un numero di “Linus” che con un libro di storia, come cantava Faber).
Durante il mio primo incontro con “Linus” a metà degli anni ’80, mi sono imbattuto in “The Far Side”, una delle “comic strip” più folli e divertenti dello scorso secolo. A dire il vero non si potrebbe definire veramente “comic strip”, perché tecnicamente questa formula prevede una una striscia di vignette, di solito quattro, che raccontano una storia con la battuta nell’ultimo riquadro, mentre “The Far Side” aveva un singolo pannello, disegnato in modo semplice, con un senso dello humor strano e surreale, per me nuovo e irresistibile.
L’autore dei testi e dei disegni è tale Gary Larson, un ragazzo di Seattle che al tempo della sua prima vignetta non ha ancora compiuto 30 anni.
Gary cresce in una famiglia normale, la classica middle class bianca americana composta da madre, padre e due figli. Lui è di poco più giovane di Dan, fratello maggiore che lo tormenta di continuo con scherzi paurosi, come ad esempio aspettarlo chiuso nell’armadio di camera sua per sbucare all’improvviso appena il Gary andava a dormire.
Ma Dan, oltre ad essere l’incubo più simpatico del giovane Gary, alimenta anche la sua curiosità scientifica. Insieme, i due fratelli studiano insetti e piccoli rettili, arrivano a costruire un terrario in cantina dove mettono le rane e le lucertole che trovano in giro. Finito il college Gary Larson trova lavoro in un negozio di musica, però non è particolarmente felice. A 26 anni decide di provare a disegnare qualche vignetta creata grazie a quel suo strano senso dell’umorismo, ne manda sei ad un giornale locale di Seattle che, con sua grande sorpresa, le pubblica.
Dopo un paio di anni crea una vera e propria striscia chiamandola “Nature’s Way”, che esce ogni settimana sempre per un locale giornale. Poi, mentre è in vacanza a San Francisco, decide che per guadagnare più soldi e vivere solamente della sua arte, deve far pubblicare i suoi lavori ad un giornale di maggiore profilo e porta alcuni dei suoi lavori al “San Francisco Chronicle” che non solo li pubblica, ma decide di acquisirne i diritti per distribuirli attraverso tutti i giornali del proprio network.
Prima però il responsabile della la sezione fumetti del giornale decide che quel nome non va bene e ribattezza la striscia come “The Far Side”. Gary Larson non fa una piega, a lui basta che i suoi disegni vengano pubblicati il più possibile. Da li a poco il successo è planetario.
L’umorismo di Gary Larson è unico, un misto tra black humor e nonsense, dove gli animali si comportano come gli uomini e gli uomini come gli animali. Un mondo rovesciato dove, ad esempio, i cervi gestiscono un bar in una baita con le teste dei cacciatori appese alle pareti, dove delle pecore suonano del “be baaa” (e non del “be bop”) nel locale jazz “The Wool Club” (e non “ The Cotton Club”), e dove dei seri scienziati si comportano come gang di strada.
Forse la sua vignetta più nota è quella con una coppia di scimpanzé intenti a spulciarsi uno con l’altro. La femmina trova un capello biondo sul maschio e gli chiede: “Bene, bene, un altro capello biondo…Stiamo conducendo un po’ più di “ricerche” con quella sgualdrina di Jane Goodall?” (la famosa ricercatrice inglese che studia gli scimpanzé da fine anni ’50).
Quando fu pubblicata un rappresentante del “Jane Goodall Institute” scrisse una lettera a Larson criticandolo per la vignetta. L’autore si scusò, sempre via lettera, per poi scoprire che non solamente Jane Goodall era all’oscuro della lamentela del suo rappresentante, ma che in realtà trovava la vignetta molto divertente.
A siglare la stima reciproca fra i due da allora tutti i profitti derivanti dalla vendita della t-shirt con questa vignetta vanno al Goodall Institute.
Grazie al suo umorismo nonsense e i continui riferimenti alla scienza, negli anni ’80 Gary Larson diventa l’autore umoristico più amato dai nerd e dagli scienziati. La prova definitiva della sua notorietà nel mondo accademico avviene il 15 marzo 1989, quando una specie di insetto scoperta poche settimane prima (un pidocchio masticatore ) è stata chiamata Strigiphilus garylarsoni in onore di Larson dall’Università di Chicago.
La reazione di Larson fu come al solito divertente: “Lo considero un onore estremo. Inoltre, sapevo che nessuno mi avrebbe scritto per chiedere di nominare una nuova specie di cigno con il mio nome. Insomma devi cogliere queste opportunità quando si presentano”.
Ad oggi il pidocchio masticatore non è rimasto l’unico insetto che porta il suo nome, alla (per ora breve) lista si è aggiunta anche una farfalla della foresta pluviale, la Serratoterga larsoni e lo scarabeo Garylarsonus.
Verso la fine del 1994, a soli 44 anni, dopo oltre 14 passati a disegnare “The Far Side”, Gary Larson decide che poteva bastare così, che rischiava di diventare fin troppo ripetitivo e disegna la sua ultima vignetta per ritirarsi a vita privata, una scelta che l’anno dopo farà anche Bill Watterson (il J.D. Salinger dei fumetti) che addirittura smetterà di disegnare i suoi “Calvin and Hobbes” a soli 37 anni, chiudendo la sua decennale carriera con la meravigliosa e poetica striscia che vedete qui sotto.

Come Bill Watterson anche Gary Larson sparisce dai radar, ritirandosi a vita privata e concedendo rarissime interviste, restando impermeabile per oltre vent’anni anche al fascino del web, al punto che il suo sito ufficiale è stato messo on line solamente nel 2019. Le sue pubblicazioni però sono sempre state presenti negli scaffali delle fumetterie, di recente è pure ricomparso il suo storico calendario “Off the wall”, quello con una vignetta per ogni giorno dell’anno.
A cavallo degli anni ’80 e ’90 ero riuscito a comprare ben 5 di questi calendari, ovviamente li conservo ancora, dentro le loro scatole originali, per un totale di oltre 1800 vignette. Mentre raccoglievo materiale per questo post ne ho sfogliati un paio, devo dire che nonostante siano passati 30 anni dalla loro creazione tutte le vignette di Gary Larson mantengono uno humor pungente e spiazzante.
Lo scorso dicembre, mentre mi trovavo a Copenaghen con mia figlia, in un enorme negozio di fumetti ho rivisto il calendario “Off the wall 2023” e per un attimo ho pensato di farmi un regalo, ma poi ho esitato, forse il mio 2023 (del quale per adesso non posso lamentarmi) sarebbe stato più divertente.
Mi sa che non lo sapremo mai.
Bello (come sempre) leggere un nuovo post del poltronauta. Ci mancavi 🙂
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I tuoi racconti sono un gradevole appuntamento. Grazie.
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