Il Gabbiano Azzurro

A mille ce n’è
nel mio cuore di fiabe da narrar.
Venite con me
nel mio mondo fatato per sognar…
Non serve l’ombrello,
il cappottino rosso o la cartella bella
per venire con me…
Basta un po’ di fantasia e di bontà.

Ci sono molte cose belle che ti possono capitare nella vita, come svegliarti all’alba nel deserto dell’Arizona (preferibilmente al fresco dell’aria condizionate del bus), oppure come innamorarti, inteso come arrendersi corpo e anima all’amore, vivere il presente assaporando ogni singola goccia di quell’amore, conscio del fatto che non durerà, ma conscio comunque che sei davvero fortunato a poter vivere attimi come quelli.

Sono stato incredibilmente fortunato nella mia vita, ma la fortuna più grande, l’unica dote che mi riconosco, è quella di capire quando la magia mi passa sotto il naso.

Per quanto monotone all’apparenza possano sembrare le tue giornate, se socchiudi gli occhi controluce alla fine vedi qualcosa che ancora non avevi visto. Dovresti vivere senza mai smettere di cercare la magia, la grazia nel mondo che ti circonda.

Avere un figlio è un’esplosione di energia che lascia senza fiato, quella personcina che prima non esisteva entra nella tua vita, cancella tutto quello che c’era prima e resta lì, il primo e l’ultimo dei tuoi pensieri, il motivo per il quale riesci a sorridere nonostante una giornata terribile, che ti dà la forza di giocare quando ogni singolo muscolo del tuo corpo vorrebbe semplicemente dormire.

Con mia figlia ho passato ore infinite a costruire mondi fantastici, a trasformare scatole di scarpe in teatrini, sfogliare libri su animali fino a consumarne le pagine, leggere la storia di “un cavallo, un perepè e una margherita giallo mare” solamente per aspettare l’ultimo esplosivo perepè.

Ho cercato di passare ogni minuto libero con lei non solamente perché sapevo che sarebbe cresciuta, ma soprattutto perché al tempo non riuscivo ad immaginare niente di più importante, niente di migliore.

Leggere libri alla sera per farla addormentare (ammetto che più di una volta tra i due il primo ad addormentarsi ero io) è stata un’abitudine portata avanti anni. A volte prendevo qualche scorciatoia, come quando scoprii un pazzo che aveva messo on line 60 fiabe sonore dei Fratelli Fabbri, e allora mi limitavo a stendermi a fianco del suo letto per ascoltare il CD di turno. Sempre in rete riuscii a trovare l’intero “Pinocchio” letto da Paolo Poli, che mi salvò più di una serata.

Altre volte toccava a “Robinson Crusoe” o a “I Viaggi di Gulliver”, ai vari Manuali delle Giovani Marmotte, le favole di Rodari. Provai anche con “Coraline” di Neil Gaiman ma ne fu così tanto spaventata che dopo un paio di tentativi dovetti abbandonare. Buffo pensare che oggi Gaiman sia il suo scrittore preferito.

Un giorno, tra le bancarelle di libri usati, trovai un’edizione cartonata de “Il gabbiano azzurro” di tale Tone Seliskar (che scoprii dopo essere uno scrittore sloveno). Poi, nella seconda di copertina, la frase “Capolavori stranieri per la gioventù”, messa lì, come fosse una sfida. Così lo presi, giusto per capire quanto “capolavoro” fosse questo libro che manco conoscevo.

Iniziai a leggerlo una sera a mia figlia, sorprendentemente le piacque molto, e in un paio di settimane lo finimmo, senza troppe difficoltà.

La storia, lo ammetto, per quando a tratti un po’ naive e fortemente influenzata dalle convinzioni socialiste dell’autore, è appassionante. Il classico libro di formazione, del passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, tutto in chiave socialista, dato che lo scrittore sloveno aveva avuto un passato di partigiano.

Un gruppo di ragazzini, una specie di cooperativa improvvisata, capitanata da Ivo, vive un’avventura nel nord Adriatico, narrato quasi come fosse i Caraibi di Salgari, con pirati e malviventi. Tutta la storia gira attorno al moto-veliero  “Il gabbiano azzurro”,  passato, presente e soprattutto futuro di questi ragazzi diventati uomini.

Ovviamente la storia finisce bene, e a parte questo spoiler, spero possiate leggere il libro un giorno.

Non mi ricordo l’ultimo libro che lessi a mia figlia, la sua stanzina (troppo piccola per chiamarsi camera da letto, a detta dell’agenzia immobiliare incaricata di vendere la casa dove abito) è foderata di libri, anche se lo smartphone resta una tentazione troppo forte a volte.

Di tempo ne passiamo assieme molto, soprattutto da quando la madre ha deciso di cambiare casa,  e sono diventato single dad. Ma nessun rimpianto, anzi, continuo a pensare che non ci sia niente di migliore che passare il tempo con i propri figli, non importa quanto siano cresciuti.

Adesso mia figlia è quasi maggiorenne, ha un amore lontano, non così tanto, ma abbastanza da impedirle di vedersi tutti i giorni. Si incontrano nei weekend, sembrano felici, tutte e due, e questo mi basta.

Qualche sera fa, mentre finivo di sistemare la cucina, nell’inutile battaglia contro il caos casalingo, dal buio della stanzina di mia figlia ho sentito la sua voce.  Erano le undici passate, ho pensato che magari stesse parlando nel sonno così, cercando di fare il più piano possibile, mi sono avvicinato alla porta. Sdraiata sul letto c’era mia figlia, con un  libro di favole illuminato da una lucina fioca in mano, e nell’altro lo smartphone. La sua voce che leggeva quelle righe lette chissà quante altre volte da me, e dall’altra parte del suo smartphone la sua ragazza, che si addormentava come faceva lei dieci anni prima, con una voce a leggerle una favola.

Come avevo scritto all’inizio:

Per quanto monotone all’apparenza possano sembrare le tue giornate, se socchiudi gli occhi controluce alla fine vedi qualcosa che ancora non avevi visto. Dovresti vivere senza mai smettere di cercare la magia, la grazia nel mondo che ti circonda.

Nei prossimi giorni, schiacciati in un autobus all’ora di punta, oppure nell’ultima delle 6 ore di scuola, o semplicemente in coda alle casse del supermercato, provate a socchiudere gli occhi e a guardare controluce.

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