Diego Goldberg

“Ricordati di ricordare. – Pubblicità della Kodak, 1999”

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Tango – Foto di Diego Golberg ©

Come sapete accumulo cose, non tantissime a dire il vero.

In questo blog accumulo ricordi, cercando di esorcizzare lo scorrere del tempo, non per nostalgia, semplicemente per il terrore di dimenticare, visto che non sarò materia dei libri di storia del futuro provo a costruire il mio privato racconto da lasciare ai posteri.

A fine anni novanta la Kodak, all’epoca il colosso mondiale delle pellicole e della carta per le fotografie, lanciò una pubblicità che riprendeva il titolo di un libro di Henry Miller, “Remember to remember”. Scritta e diretta da creativi italiani, è una delle più belle pubblicità dell’epoca, ed è anche fonte di ansia per chi come me ha il terrore di “dimenticare”. Quel filmato di 45 secondi è una specie di canto del cigno per la multinazionale americana, infatti, in giro di pochi anni il suo fatturato crolla e l’industria fotografica abbandona le pellicole e la stampa tradizionale per il digitale.

La cosa buffa è che la prima macchina digitale era stata inventata nel 1975 proprio dalla Kodak, che per paura di impoverire il proprio core business finì per chiudere il progetto in un cassetto e buttare via la chiave, non proprio lungimiranti.

Quando nel 2012 la Kodak dichiarò fallimento, aveva bruciato una montagna di soldi accumulati e aveva un patrimonio investito in prodotti chimici diventati inutilizzabili. Dall’altra parte del Pacifico, la Fuji, che in qualche modo era la sua versione giapponese, si era nel frattempo salvata riciclando intelligentemente le tonnellate di prodotti chimici in altri settori, riuscendo a sopravvivere alla morte delle pellicole.

Per quanto mi riguarda la fine delle fotografie stampate non ha cambiato nulla nel mio rapporto con i ricordi, semplicemente adesso conservo tutto quello che ho in digitale su due hard disk (metti che se ne rompa uno) e per non sbagliarmi ho pure una copia su vari drive di google. Se poi la terra dovesse essere colpita da un meteorite me ne farò una ragione.

In merito all’ossessione del passare del tempo e del (vano) tentativo di salvare i ricordi qualche anno fa mi sono imbattuto in un genio, probabilmente più pazzo di me.

Afgano+dama
Mostra canina, Buenos Aires – Foto di Diego Goldberg ©

 

Diego Golberg è un fotografo argentino classe 1946, professionista dal 1974 ha girato il mondo, abitando a Parigi e a New York, pur finendo sempre per tornare nella sua amata Buenos Aires. In rete si trovano molte delle sue foto, alcune sono straordinarie,  altre semplicemente parlano più di un libro si storia, diciamo che il suo portfolio è di alto livello, ma non certamente tale da garantirgli fama mondiale.

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Il presidente francese Mitterrand – Foto di Diego Goldberg ©

Però il 17 giugno 1976 compie un gesto in apparenza semplice ma che diventerà il primo mattoncino di una storia incredibile che continua ancora oggi. Diego prende la sua macchina e scatta una fotografia alla moglie Susy, poi le chiede di fotografarlo.

Il 17 giugno 1977 il rito si ripete, nel 1978 ai due si aggiunge il primogenito Nicola, l’anno successivo è il turno di Mattias, ed infine nel 1984 arriva anche Sebastian, il loro ultimo figlio.

Quando apre il suo sito (http://www.diegogoldberg.com/) decide di pubblicare tutte queste foto in un’unica sequenza, creando quella che lui chiama “The arrow of the time”, e la freccia del tempo continua ogni anno, da qualche anno si si sono aggiunte le compagne dei figli e i loro rispettivi figli.

Quando avete 5 minuti guardate il tempo scorrere sui volti di questi semplici ritratti in bianco nero,  una specie di stop-motion temporale, un viaggio a ritroso (od in avanti, dipende da voi) che, almeno a me, riempie il cuore, dandomi l’illusione che a volte si riesce a fermare il tempo.

Fra poco è il 17 giugno 2017, ricordatevi di ricordare.

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I primo quattro anni della Freccia del tempo – Foto di Diego Goldberg ©

 

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Celia ha detto:

    Anch’io da tempo ho la maggior parte delle fotografie in digitale, ma più per pigrizia che altro: certo non tutte, ma l’intenzione e il bisogno di stamparle non li ho mai persi.
    Ogni volta che ci penso, mi dispiace molto non aver stampato almeno le più importanti per poterle vedere con calma insieme a mia mamma. Le / ci avrebbero fatto bene.

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    1. Il Poltronauta ha detto:

      Un paio di Natali fa ho fatto il percorso opposto, ho recuperato circa 300 fotografie della mia famiglia, le ho scansionate e ci ho fatto un sito. Purtroppo i miei se ne sono andati da decenni, ma renderli “immortali” (digitalmente) me li ha restituiti al presente 😊

      Piace a 1 persona

      1. Celia ha detto:

        "Mi piace"

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